Lot Essay
Penso che sia illegittimo e pretenzioso voler deformare lo spazio in maniera definitiva ed irreversibile, con la presunzione oltre tutto di voler incidere nella realtà: si tratta nella migliore delle ipotesi di una operazione inutile. Al massimo è lecito strutturarlo in modo da renderlo percettibile e sensorialmente fruibile; lo spazio in fondo ci interessa e ci preoccupa in quanto ci contiene.
Tratte dal catalogo della mostra Lo spazio dell'immagine, del 1967, queste parole di Enrico Castellani chiariscono puntualmente la principale problematica attorno alla quale, da sempre, verte tutto il lavoro dell'artista.
A partire dal 1959 Castellani dà vita a superfici a rilievo prevalentemente monocrome, definite da Carla Lonzi come "luoghi di possibile contemplazione" e che lui stesso descrive come "il più immateriali possibili, foggiate a doppia curvatura e ad elementi ripetuti" un succedersi di sporgenze e depressioni che alterano la classica tensione della tela, entro le quali dialogano, si attraggono, si respingono e convivono pieno e vuoto, concavo e convesso, luce e ombra, positivo e negativo. Così facendo, dà avvio ad un metodo di lavoro, un vero e proprio sistema, efficace ancora oggi ad oltre cinquanta anni dalla sua fondazione.
Il possibile sviluppo ambientale della sua opera si concretizza appunto nel 1967, con la realizzazione di Ambiente bianco: un contenitore strutturato in modo da essere percettibile, attraversabile e sensorialmente fruibile che dopo la mostra a Palazzo Trinci, a Foligno, ad eccezione di tre opere a rilievo in esso contenute, è andato distrutto. Ma già prima di questa esperienza, con la realizzazione di superfici angolari o biangolari, Castellani lavora su quell'idea di continuità e totalità spaziale e temporale, tesa all'indagine oltre che della superficie stessa anche dello spazio in senso lato, nonché della realtà tutta, "che ha sempre un dritto e un rovescio che combaciando si negano a vicenda".
Questa Superficie bianca realizzata nel 1967 proviene originariamente dalla Galleria La Bertesca Masnata, di Genova che, proprio nell'anno in cui Castellani realizzò questo dipinto, ospita, tra settembre ed ottobre, una delle primissime mostre dedicata all'Arte Povera.
La tela a rilievo si distingue per il suo impianto rigoroso e per la scansione regolare delle sporgenze e delle concavità. Opere dal disegno analogo sono conservate in prestigiose collezioni pubbliche e private: a titolo meramente esemplificativo ricordiamo qui una tela a rilievo (Superficie bianca, 1965, 200x250 cm) è presente nella collezione del Museum Kunst Palast, Dusseldorf, ed una di colore blu (Superficie blu, 1965, 182,9x273,7 cm), acquistata da un privato di New York, è stata recentemente esposta nella grande mostra Parallel Views: Italian and Japanese Art from the 1950s, 60s and 70s, allestita negli spazi della Rachofsky House, Dallas, da febbraio ad ottobre 2013.
Tratte dal catalogo della mostra Lo spazio dell'immagine, del 1967, queste parole di Enrico Castellani chiariscono puntualmente la principale problematica attorno alla quale, da sempre, verte tutto il lavoro dell'artista.
A partire dal 1959 Castellani dà vita a superfici a rilievo prevalentemente monocrome, definite da Carla Lonzi come "luoghi di possibile contemplazione" e che lui stesso descrive come "il più immateriali possibili, foggiate a doppia curvatura e ad elementi ripetuti" un succedersi di sporgenze e depressioni che alterano la classica tensione della tela, entro le quali dialogano, si attraggono, si respingono e convivono pieno e vuoto, concavo e convesso, luce e ombra, positivo e negativo. Così facendo, dà avvio ad un metodo di lavoro, un vero e proprio sistema, efficace ancora oggi ad oltre cinquanta anni dalla sua fondazione.
Il possibile sviluppo ambientale della sua opera si concretizza appunto nel 1967, con la realizzazione di Ambiente bianco: un contenitore strutturato in modo da essere percettibile, attraversabile e sensorialmente fruibile che dopo la mostra a Palazzo Trinci, a Foligno, ad eccezione di tre opere a rilievo in esso contenute, è andato distrutto. Ma già prima di questa esperienza, con la realizzazione di superfici angolari o biangolari, Castellani lavora su quell'idea di continuità e totalità spaziale e temporale, tesa all'indagine oltre che della superficie stessa anche dello spazio in senso lato, nonché della realtà tutta, "che ha sempre un dritto e un rovescio che combaciando si negano a vicenda".
Questa Superficie bianca realizzata nel 1967 proviene originariamente dalla Galleria La Bertesca Masnata, di Genova che, proprio nell'anno in cui Castellani realizzò questo dipinto, ospita, tra settembre ed ottobre, una delle primissime mostre dedicata all'Arte Povera.
La tela a rilievo si distingue per il suo impianto rigoroso e per la scansione regolare delle sporgenze e delle concavità. Opere dal disegno analogo sono conservate in prestigiose collezioni pubbliche e private: a titolo meramente esemplificativo ricordiamo qui una tela a rilievo (Superficie bianca, 1965, 200x250 cm) è presente nella collezione del Museum Kunst Palast, Dusseldorf, ed una di colore blu (Superficie blu, 1965, 182,9x273,7 cm), acquistata da un privato di New York, è stata recentemente esposta nella grande mostra Parallel Views: Italian and Japanese Art from the 1950s, 60s and 70s, allestita negli spazi della Rachofsky House, Dallas, da febbraio ad ottobre 2013.